SALUTE E BENESSERE

Alzheimer balzo della ricerca, grande annuncio: “Più vicini a una cura”

Gli ultimi sviluppi nella ricerca sul morbo di Alzheimer hanno portato alla luce nuove speranze per milioni di persone affette da questa e altre malattie neurodegenerative.

Un team di scienziati presso la Penn State Eberly College of Science, guidato dal professore Scott Selleck, ha fatto una scoperta rivoluzionaria che potrebbe cambiare il corso del trattamento.

Tradizionalmente, le strategie terapeutiche si sono concentrate sui sintomi avanzati della malattia, mirando in particolare all’accumulo di amiloide nel cervello. Tuttavia, i recenti farmaci approvati dalla Food and Drug Administration statunitense hanno mostrato limitazioni nel solo rallentare leggermente la progressione della patologia.

L’Alzheimer rappresenta oggi la causa più frequente di demenza a livello globale, caratterizzata da un deterioramento cronico e progressivo delle capacità cognitive dovuto all’accumulo anomalo di proteine sia dentro che intorno alle cellule cerebrali.

Nonostante non esista ancora una cura definitiva per questa patologia, i recenti progressi nella ricerca offrono una nuova direzione verso trattamenti più efficaci che possano non solo rallentare ma forse invertire il corso della malattia.

È importante sottolineare quanto questi risultati rappresentino un passo avanti significativo nella comprensione e nel trattamento dell’Alzheimer e altre patologie neurodegenerative simili. La possibilità di intervenire sulle anomalie cellulari fin dalle loro manifestazioni iniziali apre nuove strade alla ricerca scientifica per combattere queste devastanti condizioni.

Alzheimer, scoperto segnale precoce della malattia

Il fulcro della nuova ricerca pubblicata sulla rivista iScience è l’identificazione di una molecola chiave nelle prime fasi dell’Alzheimer che potrebbe fungere da bersaglio per futuri trattamenti.

Questa molecola appartiene a un gruppo chiamato “proteine modificate con eparan solfato”, le quali giocano un ruolo cruciale nello sviluppo della malattia attraverso la regolazione dell’autofagia – un processo cellulare essenziale per il riciclo dei componenti danneggiati o disfunzionali delle cellule.

Cura dell’Alzheimer (SenzaFrontiereOnlus.it)

Il malfunzionamento dell’autofagia è stato riconosciuto come fattore comune nelle prime fasi di varie malattie neurodegenerative.

Il team ha scoperto che interferire con le funzioni delle proteine modificate con eparan solfato può aumentare l’autofagia nelle cellule colpite dall’Alzheimer.

Ciò non solo migliora la riparazione cellulare ma anche la funzione dei mitocondri (responsabili della produzione energetica) e riduce l’accumulo interno di composti grassi – entrambi indicatori precoci del declino neurodegenerativo.

Matteo Fantozzi

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