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Registrare la convivenza conviene? Tutto quello che devi sapere prima di farlo

È possibile per chi lo desidera, seguendo una specifica procedura, registrare la convivenza. Ma è davvero la scelta migliore?

Matrimonio o convivenza? Questa è la domanda che potrebbero averci fatto per conoscere le nostre intenzioni quando si desidera regolarizzare un rapporto di coppia. A volte si è particolarmente rigidi sulla risposta e si è convinti che difficilmente si possa cambiare idea, anche se in alcuni casi questo può accadere quando si incontra un partner che ha un pensiero diverso. E, dunque, si è disposti a venirgli incontro pensando che sia importante per costruire un legame più solido.

Registrare la propria situazione, in caso di convivenza, è conveniente? – Senzafrontiereonlus.it

Chi opta per la convivenza solitamente sostiene di non avere bisogno di alcun contratto per consolidare un amore, ma che la cosa più importante sarebbe cercare di fare il possibile per avere maggiore sintonia e crescere insieme, iniziando magari anche a sopportare meglio i difetti dell’altro/a. È comunque possibile rendere questa situazione più concreta sul piano legale, ma sarebbe bene sapere come agire per non sbagliare.

Si può regolarizzare la convivenza: ecco come e perché

Puntare sulla convivenza può essere uno strumento adatto a chi vuole evitare di sentirsi eccessivamente legato, come può accadere in un matrimonio. Non a caso, se dovesse esserci una crisi tra due partner conviventi è possibile semplicemente lasciare la casa e mettersi d’accordo sulla suddivisione di eventuali beni in comune, così da evitare eccessive discussioni. Non è quindi necessario seguire lunghe pratiche burocratiche, come quelle che sono previste per arrivare al divorzio. Fino a che non è arrivata la pronuncia, ad ogni modo, non è possibile considerarsi un convivente di fatto con un’altra persona, almeno a livello legale.

Spesso si ritiene la convivenza meno vincolante, ma può essere anche una soluzione utile dal punto di vista legale ed economico? – Senzafrontiereonlus.it

In realtà anche chi non è interessato alle nozze ha la possibilità di regolarizzare la propria condizione e registrare la convivenza, scelta che pochi conoscono ma che può rivelarsi una tutela importante. È bene quindi sapere come si debba agire e quali conseguenze questo comporti, così da valutare cosa sia meglio per la propria situazione personale. Il contratto di convivenza è un accordo tra le parti, secondo la disciplina comune del regime patrimoniale di coppia, ed è fondato sul principio dell’autonomia privata.

Questo consente così di optare per una sorta di comunione dei beni, come può accadere tra due coniugi, e di mettere ad esempio in forma scritta chi debba prendersi carico di alcune spese. Si riduce così, in caso di problemi, la possibilità di sostenere teorie diverse rispetto a quanto pattuito. La registrazione avviene in Comune (si sceglie quello in cui si ha la residenza) e prevede la necessità di presentare una dichiarazione da cui emerga la volontà di costituire una coppia di fatto e di coabitare nella stessa casa.

Cosa sapere sulla tutela economica

Si arriverà, quindi, in prima battuta ad essere iscritti nello stesso stato di famiglia, oltre a poter avanzare diritti se l’altro dovesse essere ricoverato in ospedale (in genere si tutela il marito/moglie). Questo passo può bastare anche per avere gli stessi diritti di un coniuge. Attraverso ciò si ha poi la possibilità di nominare il compagno/a come proprio tutore, curatore o amministratore di sostegno.

In caso di registrazione di convivenza, è importante tutelare i diritti di entrambi i partner – Senzafrontiereonlus.it

La registrazione di una convivenza garantisce inoltre, come è facile immaginare, diritti importanti sul piano economico e legale. Sulla base dell’articolo 1 al comma 42 della Legge Cirinnà, è infatti consentito – se uno dei due partner dovesse morire – restare nella casa comune per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni, ma comunque non oltre i cinque. Se il convivente di fatto presta servizio nell’impresa dell’altro convivente, ha diritto ad una partecipazione agli utili dell’impresa familiare. Questo può avvenire, però, solo esiste un rapporto di società o di lavoro subordinato.

Ilaria Macchi

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